Resilienza e appartenenza, chi conosce e vive vicino a un ciociaro molto probabilmente può sintetizzare le sue caratteristiche in questi due termini. Della resilienza del popolo ciociaro le pagine di storia locale sono dense, in quanto l’antica città volsca Frusno, e poi Frusino romana, per la sua collocazione è stata soggetta a continue devastazioni e saccheggi. Durante l’invasione di Annibale, la resistenza frusinate le fece guadagnare l’appellativo di Bellator Frusino, nome che è tuttora presente nel gonfalone perché è attuale nel carattere e nella tempra dei ciociari, che sempre hanno combattuto per la loro identità; hanno fronteggiato difficoltà e contrarietà, anche quelle di un territorio povero e aspro, hanno ricostruito case, viali e comunità, conquistando la nomea di gente resiliente, che, nel disagio, si rialza e va avanti. La resilienza ciociara è stata cantata dai poeti del territorio, noti e meno noti, come Libero de Libero che nel 1951 scrisse Ascolta la Ciociaria: “La tua storia non rammenta che pastori guerrieri, idoli stanchi di rinascere sulle macerie dei predoni”. C’è chi chiama la resilienza testardaggine, e in effetti forse con questo sostantivo ci viene più facile associarlo ai ciociari che conosciamo, come Gianluca. Chi ha provato a fargli cambiare idea può aver sperimentato la sua testardaggine, chi lo ha frequentato un po’ di più ha potuto sicuramente osservare la sua determinazione a non accettare le difficoltà e gli ostacoli, ma la sua vivida tendenza ad animarsi (magari pure un po’ troppo), per affrontarle e risolverle. In famiglia quando accade che non si riesce a fronteggiare il suo carattere e la sua tendenza a volgere gli eventi verso i suoi intendimenti, ricordiamo un episodio di quando era bambino di quattro anni, a testimonianza di un’origine genetica abbastanza esplicita. Come molti bambini desiderava dei giochi, ma i nostri genitori hanno tentato di educarci che la felicità nella vita non viene dalle cose che hai, ma da ciò che sei, che all’epoca significava ricevere dei no all’acquisto di alcuni giocattoli. In quel periodo girava la pubblicità di un eroe della Mattel, e lui aveva più volte chiesto ai nostri genitori di acquistarlo, ricevendo tante spiegazioni sulle motivazioni del diniego. Malato di morbillo, con la febbre alta, ancora non si esprimeva correttamente, ma, come dice mamma, si faceva capire, diceva di sentirsi malissimo, ma lo stupore di tutti è stata l’esclamazione con cui ha accolto papà, preoccupato per la salute del suo figlioletto, al rientro dal lavoro: “Papà, sto tanto tanto male, ma se tu mi compri Massaurus la febbre va subito via!“. Mio padre, che comunque era stato colui che quel gene testardo-resiliente glielo aveva trasmesso, e che non si faceva commuovere facilmente dai nostri capricci, vedendolo così debole tornò a casa con la scatola di Massaurus. E, superato l’ostacolo che lo separava dal suo desiderio, quando Gianluca vide il suo Massaurus la febbre si abbassò davvero!
L’appartenenza, come cantava Giorgio Gaber, è “avere gli altri dentro di sé”, e anche “quel vigore che si sente se fai parte di qualcosa/ che in sé travolge ogni egoismo personale/ con quell’aria più vitale che è davvero contagiosa”.
Essa parla di un’identità, del sentirsi parte di un gruppo con il quale si condividono alcuni valori di base e si sono condivise esperienze di vita, di ricerca di senso. Forse perché non è ricca di arte o di teatro, a Frosinone il senso di appartenenza è fondato più che altrove sull’esperienza vissuta, sul desiderio di incontrarsi e festeggiare insieme, e trovare occasioni per farlo; nasce poi sul ricordo di persone e personaggi incontrati e conosciuti per la loro bizzarria o per il loro grande cuore, dei luoghi dell’adolescenza, si concretizza nella memoria delle usanze e del cibo della nostra tradizione. I ciociari lo sentono forte e non mancano di celebrarlo, e non parlo solo degli emigranti che da ogni continente ogni anno non mancano alla festa del Santo Patrono di Patrica, ma anche di tutti i ragazzi che vivono fuori città e che si riservano le ferie per la Festa della Radeca e quella delle Cantine Aperte il giorno della guazza di S. Giovanni al Rione Giardino, o che, come mio fratello, rimprovera la sorella perché una volta ha dimenticato di informarlo sulla data precisa della manifestazione, e non si è organizzato per tornare da Genova. E che quando non può essere presente segue dettagliatamente le foto degli eventi su Facebook per sorridere a ogni viso noto e ricordare le uscite insieme, e legge tutti gli articoli de La Uespa e Uiente Aculone, i due giornali in dialetto ciociaro che vengono pubblicati una volta l’anno a Carnevale.
Gianluca ha lasciato Frosinone a 19 anni, e tra queste esperienze ha iniziato a interrogarsi sul suo cammino e sul senso della sua vita, sul valore dell’amicizia, della famiglia, sulla passione per lo sport, la musica e il mare. Da quando ha iniziato a suonare il sassofono soprano nella banda comunale “Antonio Romagnoli” di Frosinone, con la divisa blu e azzurra, presente a tutte le manifestazioni, processioni e sagre dei paesi intorno, all’atletica leggera nella squadra ciociara, al basket al Palazzetto e poi l’arbitraggio della pallacanestro, che lo ha appassionato tantissimo: ancora non aveva la patente e, prendendo passaggi, o facendo guidare da amici la macchina di mamma, correva da un paese all’altro ad arbitrare partite, di campionato o amichevoli; forse ha iniziato qui a mettere in pratica il senso di giustizia che lo ha poi animato nella scelta della sua professione!
A volte mi ha concesso di accompagnarlo in qualche partita (forse due, massimo tre volte), ma soffrivo tantissimo nello stare seduta tra gli spalti e dover sentire tutti gli appellativi, veramente fantasiosi nell’ingiuria, che gli urlavano contro. Quando mi ha detto che lui e Giulia avevano deciso di sposarsi, sono stata molto contenta al pensiero che aveva deciso di impegnarsi in un cammino di crescita e che voleva occuparsi della felicità di Giulia. Quel giorno, quando mi ha detto il motivo per cui avevano deciso di sposarsi a Ferentino, ossia la nonna ciociara di Giulia, ho pensato a questa appartenenza nascosta e svelata; Gianluca ha vissuto in molti luoghi, Toscana, vabbè poco, era il tirocinio da Carabiniere, a lungo in Liguria, Rapallo, Camogli, Genova, un bel po’ a Torino, per scegliere (nel senso anche di essere scelto, ossia quella reciprocità tipica dell’amore) poi di mettere radici in un cuore un po’ ciociaro. E se Giulia ha un quarto di cuore ciociaro molto probabilmente anche lei sarà resiliente: purtroppo la conosco ancora troppo poco per esprimermi… magari ve ne parlo tra qualche mese, quando la nostra relazione sarà più vissuta.
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